Processo Greengenetics, cinque condanne dalla Corte d’Assise

Processo Greengenetics, cinque condanne dalla Corte d’Assise
foto archivio

La pena più alta ad Alessandro Rossi: 18 anni e un mese

Si è chiuso con la condanna di tutti e cinque gli imputati il processo sulla vicenda Greengenetics-Greenvest, apertosi il 25 maggio 2023 presso la Corte d’Assise di Perugia. Il procedimento riguardava l’esplosione avvenuta il 7 maggio 2021 nello stabilimento di Gubbio, nella quale persero la vita Samuel Cuffaro, di 19 anni, ed Elisabetta D’Innocenti, 52 anni. Nell’incidente rimasero gravemente feriti anche Alessio Cacciapuoti e Kevin Dormicchi.

La sentenza è stata pronunciata al termine di una lunga camera di consiglio. Per tutti gli imputati l’accusa aveva inizialmente chiesto una condanna a vent’anni. La Corte ha però ridotto le pene rispetto a tali richieste, pur riconoscendo la responsabilità a vario titolo degli imputati.

La pena più severa è stata inflitta ad Alessandro Rossi, rappresentante legale dell’azienda Greengenetics, condannato a 18 anni e un mese di reclusione. A Gabriele Muratori e Luciano Rossi sono stati assegnati 14 anni e 20 giorni ciascuno. La stessa pena è stata comminata a Giorgio Mosca. A Maria Gloria Muratori sono stati inflitti 10 anni, 6 mesi e 15 giorni.

L’accusa contestava inizialmente il reato di omicidio volontario, poi riqualificato dalla Corte in omicidio doloso plurimo. Questa modifica ha avuto un peso significativo nella determinazione finale delle pene. La riqualificazione implica che, pur in assenza di volontà diretta di uccidere, gli imputati abbiano accettato consapevolmente il rischio di provocare la morte delle vittime attraverso condotte gravemente imprudenti e negligenti.

Secondo la ricostruzione processuale, l’esplosione avvenuta nell’impianto di Gubbio sarebbe stata causata da una serie di irregolarità nei protocolli di sicurezza e dalla mancanza di idonee misure di prevenzione dei rischi. Le indagini tecniche, condotte dopo l’incidente, avevano rilevato criticità strutturali e operative nello stabilimento, dove venivano svolte attività di manipolazione di materiali considerati pericolosi in assenza delle autorizzazioni e delle precauzioni previste.

Le responsabilità attribuite agli imputati riguardano quindi diverse violazioni in materia di sicurezza sul lavoro, gestione degli impianti e controllo delle sostanze trattate all’interno della struttura. La Corte ha riconosciuto la sussistenza di un nesso causale diretto tra tali omissioni e l’evento esplosivo che ha causato le due vittime e i feriti.

Il processo è stato seguito con grande attenzione a livello locale e nazionale, anche per l’alto numero di persone coinvolte e la gravità delle conseguenze. L’episodio aveva suscitato profondo cordoglio nella comunità di Gubbio, colpita dalla scomparsa dei due lavoratori e dall’impatto dell’esplosione, avvertita in un ampio raggio.

Nel corso delle udienze sono stati ascoltati numerosi testimoni, tra cui esperti tecnici, vigili del fuoco intervenuti sul luogo dell’incidente, ispettori del lavoro, oltre ai familiari delle vittime. I pubblici ministeri avevano sostenuto con fermezza la linea accusatoria, basata su un’ampia documentazione raccolta nei mesi successivi all’evento, compresi filmati di sorveglianza e report ambientali.

La Corte, pur non accogliendo per intero la richiesta di condanne a vent’anni formulata dal pubblico ministero, ha riconosciuto la gravità dei comportamenti contestati, arrivando comunque a pene significative. La sentenza ha inoltre stabilito l’interdizione dai pubblici uffici per gli imputati, per la durata prevista dalla legge.

Per i difensori, che avevano chiesto l’assoluzione o l’applicazione di pene minori in ragione della mancanza di dolo diretto, si apre ora la possibilità di ricorrere in appello. Le motivazioni della sentenza, che saranno depositate nelle prossime settimane, chiariranno i criteri adottati dalla Corte per la qualificazione dei reati e per la quantificazione delle singole pene.

L’esito del processo rappresenta uno snodo giudiziario centrale in relazione alla responsabilità aziendale in ambito di sicurezza industriale. La decisione della Corte d’Assise ha riconosciuto l’esistenza di un quadro gestionale deficitario, ritenendo che gli imputati, pur ricoprendo ruoli differenti all’interno dell’azienda, abbiano contribuito con condotte omissive o attive alla creazione di una situazione di pericolo sistemico.

Il dispositivo della sentenza sarà trasmesso alle parti nei prossimi giorni, mentre la Procura valuterà se presentare impugnazione per la parziale riformulazione dei capi di imputazione. Nel frattempo, i legali delle famiglie delle vittime, costituitesi parte civile, hanno espresso soddisfazione per il riconoscimento delle responsabilità e attendono l’esito dei successivi gradi di giudizio per eventuali sviluppi.

L’intera vicenda giudiziaria, iniziata due anni dopo l’incidente, proseguirà nei prossimi mesi in sede di appello, dove le difese cercheranno di ottenere una revisione della sentenza. La questione delle responsabilità individuali e collettive resterà al centro del dibattito, anche alla luce delle implicazioni giuridiche in materia di sicurezza sul lavoro.

 
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