Gubbio incendio all’opificio, chiuse indagini: notifica a 5 persone

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Gubbio incendio all’opificio, chiuse indagini: notifica a 5 persone

Oggi è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 5 persone, con riferimento al gravissimo incendio di Canne Greche di Gubbio, il 7 maggio 2021. Il rogo distrusse integralmente un edificio adibito a laboratorio per il trattamento della cannabis light. Nell’incendio persero la vita due dipendenti e altri due –  uno dei quali all’epoca minorenne – dopo essere stati ricoverati in tempia intensiva, ripotarono lesioni. Uno di loro ha subito anche l’amputazione dell’arto inferiore.


L’opificio in questione è risultato riconducibile a due società, che si occupavano rispettivamente, la prima della “coltivazione di specie, piante aromatiche e farmaceutiche”, la seconda del “commercio all’ingrosso di fiori e piante”. Entrambe avevano la stessa sede legale ed erano soggettivamente collegate, stante il rapporto di parentela e di stretta frequentazione tra i legali rappresentanti e i soci.


Sin dai primi accertamenti si era ipotizzato che l’incendio potesse essersi verificato in conseguenza della tecnica di abbattimento della percentuale del THC della cannabis, “inventata” da uno dei soci della società, privo, per altro, di qualsiasi competenza tecnica e scientifica ed utilizzato al di fuori di ogni autorizzazione. E’ risultato, infatti, che fin dal mese di marzo del 2021 era stato allestito un vero e proprio laboratorio al primo piano dell’immobile, dove erano state collocate “lavatrici” ad ultrasuoni all’interno delle quali venivano introdotte le infiorescenze di canapa, unitamente ad un solvente (altamente infiammabile) del tipo “pentano.

Una parte del THC della cannabis veniva degradata

Con il “lavaggio”, in particolare, una parte del THC della cannabis veniva degradata e altra assorbito dal solvente, in modo il livello di quest’ultimo risultasse al di sotto dello 0,6%. In modo quindi che la cannabis potesse essere qualificata come light. La tecnica era stata persino pubblicizzata online tanto da che erano giunte anche commesse da parte di terzi soggetti produttori e coltivatori.

Le indagini furono condotte dai Carabinieri

Nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri del Reparto operativo di Perugia e della Compagnia di Gubbio, si è riusciti, fra l’altro, ad estrapolare ed analizzare (anche con la collaborazione del Ris di Roma) le registrazioni dell’impianto di videosorveglianza installato nell’immobile, tempestivamente ed opportunamente recuperato dalle fiamme.

Le clip dell’impianto di videosorveglianza

La visione delle immagini, in particolare, ha consentito di ricostruire l’intera giornata della tragedia (oltre che le settimane precedenti), di circoscrivere ruoli e compiti svolti da alcuni dei soggetti immortalati dalle telecamere in occasione dell’arrivo di un carico di pentano. Carico che era avvenuto proprio la mattina del 7 maggio 2021, ma anche di individuare, oltre ai legali rappresentanti e soci delle due società, altri due soggetti comunque coinvolti nella gestione delle attività “aziendali”, uno dei quali si era attivato negli acquisti e forniture di pentano e l’altro era il proprietario dell’immobile.

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Il pentano ha scatenato l’inferno

Gli approfondimenti tecnici, effettuati successivamente da personale qualificato dei vigili del fuoco e dal consulente tecnico del Pubblico ministero, unitamente al personale dell’ASL e dell’ARPA hanno confermato la dinamica del tragico evento, come riconducibile all’incendio alle sostanze infiammabili presenti all’interno dei locali – pari ad almeno otto barili da 200 litri e qualche decina di contenitori da circa 5 litri – tutti contenenti pentano, che liberava vapori negli ambienti di stoccaggio e lavorazione, privi di condizioni di sicurezza.

Pentano stoccato a piano terra, senza sistemi di sicurezza

Il pentano. stoccato al piano terra dell’immobile, in particolare, non rispettava le condizioni previste dalla normativa antincendio e non era stato installato alcun strumento o macchinario che potesse evitare i rischi nell’utilizzo del solvente durante la fase della lavorazione. Secondo il consulente tecnico del Pm, infatti, la lavorazione era oggettivamente pericolosa perché prevedeva che un solvente infiammabile venisse immesso in lavatrici ad ultrasuoni, che si surriscaldavano rapidamente genreando un enorme pericolo di incendio e di esalazione di vapori pericolosi.


In campo, per le indagini, anche la Guardia di Finanza

Parallelamente all’indagine sull’incendio, la Guardia di Finanza di Perugia e di Gubbio nell’ambito di altro procedimento, aveva proceduto al sequestro di un pacco segnalato dall’unità cinofila come stupefacente presso la filiale di una società di spedizioni della provincia, inviato dalla società titolare dell’attività e destinato ad una tabaccheria situata nel Lazio. Partendo da questo episodio venivano quindi delegate attività per individuare le società fornitrici ed acquirenti della ditta titolare dell’opificio e si disponevano numerose perquisizioni e sequestri di cannabis nei confronti di fornitori e clienti che consentivano di approfondire i rapporti commerciali e i servizi sottesi alle fatture analizzate.

Le indagini coordinate dall’Ufficio e svolte in piena sinergia fra le varie forse dell’ordine impegnate hanno consentito in tempi ragionevoli di giungere alle attuali contestazioni, da ritenersi ovviamente ancora provvisorie e suscettibili di modifica anche all’esito dci contributi eventuali che dovessero venire dagli indagati e dai loro difensori.

Allo stato l’Ufficio ha contestato agli indagati il delitto di omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e quelli particolarmente gravi di incendio doloso e soprattutto di omicidio doloso e lesione dolose; si è ritenuto, infatti, configurabile, in relazione alla particolare gravità dell’attività svolta, nell’attività dei soggetti il dolo sia pure eventuale piuttosto che la colpa, come si era ipotizzato nella prima fase delle indagini.

Ipotizzata anche la violazione della legge sugli stupefacenti

Nei confronti degli indagati è stata ipotizzata anche la violazione della legge sugli stupefacenti e contestata la detenzione illecita della cannabis e la cessione di essa, ritenendo che quella attività di “manipolazione” svolta fosse non consentita e quindi inidonea a considerare il prodotto come cannabis light

 
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